Breve storia del narcisismo

Quando oggi diciamo “narcisismo”, pensiamo subito alla psicologia o al problema delle cosiddette “relazioni tossiche”:pensiamo ad un partner manipolativo o più semplicemente al motivo dell’individuo innamorato di sé e quindi incapace di empatia perché perso nella propria immagine. 

Ma la storia dei “figli” di Narciso nasce molto prima di Freud e del riconoscimento sociale dei modelli relazionali – nasce nel mito greco, nelle pagine di Ovidio, e attraversa due millenni di cultura occidentale, trasformandosi da racconto morale a diagnosi collettiva. 

Un viaggio oscuro e vertiginoso, una storia nera, per raccontare come l’uomo, guardandosi allo specchio, abbia imparato non solo a riconoscersi ma amche a perdersi. 

Nel libro III delle “Metamorfosi”, Ovidio racconta di Narciso, un giovane di bellezza straordinaria, così fiero da respingere l’amore della ninfa Eco. Punito dagli dèi, si innamora della propriaimmagine riflessa nell’acqua e muore consumato da un amore impossibile. Il mito, naturalmente, non è solo condanna della vanità: è la tragedia dell’identità che non distingue più sé dall’altro. 

Eco è la voce che ripete, ma non crea; Narciso è l’occhio che guarda, ma non vede. 

Insieme formano una perfetta allegoria dell’amore impossibile, dell’incomunicabilità assoluta: chi non sa ascoltare l’altro, finisce per dissolversi nella propria immagine. 

Nel mondo antico, l’eccesso – la hybris – è sempre punito:Narciso non è condannato perché “si ama troppo” o perché la sua bellezza sfida quella numinosa ma perché perdendosi nella propria immagine nega la necessità del legame: rifiuta, cioè, la reciprocità, disprezza la comunità. 

Il suo peccato – se così vogliamo chiamarlo – è il rigetto dell’altroe la lezione ovidiana è semplice: guardarsi troppo a lungo nello specchio significa smarrire il mondo. 

L’identità nasce dallo sguardo dell’altro, non dal riflesso di sé. 

Con l’avvento del cristianesimo, il mito viene reinterpretato e Narciso diventa l’emblema della superbia: colui che preferisce sé stesso a Dio. Si tratta di una rilettura più semplice e piana, che chiama in causa categorie più morali che strutturali dell’interiorità.

Lo specchio del dannato Narciso non è più l’acqua, ma la vanità – una macchia in primis su una coscienza che interpreta il Sacro come un rapporto verticale, ove non è ammissibile la chiusura verso Dio.

Infondo, è il peccato luciferino per eccellenza.

L’umiltà cristiana sostituisce l’equilibrio greco: non più ricerca della misura, ma obbedienza a un canone gerarchico che rispecchia l’ordine della mente di Dio riflesso nel mondo. 

Con il Rinascimento l’uomo torna a collocarsi al centro del tutto e lo specchio da uno strumento ambivalente di condanna assume il valore di strumento di conoscenza – anche l’ “artista” si specchia … per comprendere la forma perfetta…per elevare il proprio sapere e la propria capacità alla perfezione ideale. Ma è solo diversi secoli dopo, con il Romanticismo, che l’ Io si fa sostanzialmente sacro. 

L’introspezione è la nuova religione.

L’Uomo moderno scopre il piacere – e il pericolo – di abitare sé stesso. La solitudine non è più punizione, ma destino: qui si pianta il seme del narcisismo moderno che non consiste più nella vanità, ma nella stabilizzazione della identità come ricerca infinita. 

Nel 1914, per la prima volta , il termine narcisismo diventa una categoria clinica: il narcisismo, per Freud, è una fase naturale dello sviluppo – il bambino, prima di amare gli altri, ama necessariamente sé stesso e solo quando questo amore primario non evolve nasce il disturbo.

Il mito diventa ora un modello per la psiche: l’io che si specchia, l’altro che svanisce, l’amore che si piega su sé stesso.  

Si tratta di un accartocciamento interiore che è destinato a stringersi ulteriormente su se stess nel corso del Novecento e dello sviluppo della società dell’immagine.

L’eroe moderno non è più il produttore ma il consumatore di immagini. L’identità si costruisce nello sguardo altrui, nella fama,nella rappresentazione. 

È la preistoria dei social network. 

Oggi Byung-Chul Han parla di “società della trasparenza”: un mondo dove tutto deve essere visibile, mostrato, condiviso. Non c’è più profondità, solo una orizzontalità, una superficie lucida.

Narciso non muore più davanti allo specchio: ci vive dentro. 

Dallo stagno di Ovidio allo schermo dello smartphone, la differenza è minima: entrambi riflettono, entrambi ipnotizzano. 

Ma lo specchio digitale ha un potere nuovo: non ci mostra solo, ci misura, ci valuta, ci moltiplica. 

Forse il vero problema non è amarci troppo, ma specchiarci soltanto in superfici… lucide.

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Corinna è laureata in archeologia.

È autrice e ricercatrice indipendente. Ha pubblicato diversi saggi sul rapporto tra potere, simboli e religione, sul mito e sulla ricerca storica.

È direttrice del Centro Studi e Ricerche C.T.A.102, progetto di divulgazione storico-culturale seguito da una solida community di lettori e ascoltatori.

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Una replica a “Breve storia del narcisismo”

  1. Avatar Marzio Forgione
    Marzio Forgione

    Molto interessante, grazie!🙏

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