Possiamo ancora essere eroi

C’è qualcosa di triste, oggi, nel pensare all’eroe.

Era bello. Splendido.

L’abbiamo amato nei libri, nei film, nella memoria di chi ha lottato.

Ci abbiamo creduto. Perché crederci ci faceva sentire dalla parte giusta della Storia.

Ma era una menzogna. O meglio: era un sogno. Un’illusione collettiva di quando il mondo era ancora così meravigliosamente giovane …che sembrava possibile …con un gesto, una decisione, un atto di coraggio …cambiare davvero le cose.

L’eroe appartiene a un’altra epoca. Quella delle grandi ideologie e dei grandi ideali. Così grandi da trascendere le sfumature umane e spingersi là dove c’era un Male — dichiarato — e un Bene per cui valesse la pena combattere e forse morire .

E oggi? Quanta storia abbiamo sotto gli occhi? Forse troppa per convincerci che potremmo essere eroi senza essere sterilmente sacrificati, usati, dimenticati o persino derisi.

O forse (peggio!) “riciclati” — come testimonial, come icona da merchandising.

Non c’è più l’ideale. C’è l’immagine dell’ideale.Non c’è più il martire. C’è l’influencer moralmente spendibile. Ogni battaglia rischia di diventare contenuto.

La libertà? Troppo fragile. La memoria storica?Rimpiazzata dai trend. Il pensiero critico? Confuso con l’algoritmo.

Prima ci siamo illusi che il progresso fosse irreversibile — poi ci siamo svegliati in un mondo dove la perdita di sè può passare dalle dashboard, dai cookie, dall’illusione di diventare importanti firmando una petizione, correggendo il linguaggio.

L’etica è immagine. L’impegno è posa. Troppi simboli rimangono vuoti, souvenir di un passato nel quale frughiamo alla disperata ricerca di qualcosa che abbia un senso non usa&getta.

Ma sia chiaro: rigorosamente senza rinunciare a fare della libertà licenza e caos privato di responsabilità personale.

Ma quindi il tempo dell’eroe è finito? No.

È che l’eroe ha cambiato volto e ha preso quello della lucidà, dell’equilibrio coerente e della resistenza senza proclami.

Si tratta di non vendere il cervello, anche quando il corpo è stanco.

Perché sì, viviamo in una epica difficile, ma è l’unica che abbiamo e allora dobbiamo provarci: non a salvare il mondo ma a non perderci dentro il mondo.

Il viaggio dell’eroe non è morto. È cambiato.

Non inizia più con la chiamata alla spada, ma con un nodo in gola davanti a una realtà che non ci rappresenta. Non esibisce più il mostro con gli artigli: quel mostro è un badge aziendale, un bonus produttività, un codice QR che ti succhia il tempo dalle vene.

Oggi l’eroe non conquista ma si riformula con dignità, nel deserto dell’apatia.

Non cerca applausi, ma nel silenzio tiene gli occhi aperti.

L’epica di oggi è silenziosa. Non fa rumore e non ha monumenti. Ma ha ancora la gloria – nella capacità di restare presenti, pensanti.

E non è poco.

Forse, in realtà, è tutto.

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