SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS: comprendere i Quadrati Magici

Corinna Zaffarana

1.La lunga storia dei quadrati magici

Una simbologia che richiama i valori più pregnanti della vita umana nella sua crescita spirituale, mutuata dalla fatica quotidiana del sostentamento attinto all’agricoltura, la fonte più concreta e simbolica della vita dei popoli e della loro crescita spirituale, dello sviluppo della civiltà”.[1]

Cosa sono i Quadrati Magici e come possono essere interpretati per un testo che desidera incuriosire ed accompagnare i lettori verso futuri approfondimenti?

Prima di addentrarci nella decifrazione delle celeberrime parole SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS soffermiamoci sulla loro specifica disposizione, quella in forma di quadrato che ne ha fatto un motto, un simbolo, un amuleto rientrante a pieno titolo fra i cosiddetti Quadrati Magici.

In generale, un “quadrato magico” è l’esito di una specifica disposizione di numeri (interi, ovviamente) o, più raramente, lettere la cui composizione complessiva crea una serie di possibilità armoniche di calcolo o di lettura.

Ad esempio, in un classico quadrato magico numerico, la somma dei numeri per ogni riga deve dare lo stesso valore alla somma in colonna, e nelle diagonali. Questo valore finale è la cosiddetta “costante del quadrato”, o…più poeticamente… “formula magica”.[2]

L’esempio più celebre – e, probabilmente, più antico – di queste ingegnose costruzioni matematiche è il Lo Shu, una matrice 3×3 che presenta la disposizione di tutti i numeri interi da 1 a 9 e il cui valore costante è 15.

Si tratta di una elaborazione piuttosto antica, che secondo le tradizioni orali può essere fatta risali addirittura al III millennio e ad un messaggio inviato dal grande dio Hebo, signore dei fiumi e protettore del Luo,[3] agli abitanti dell’Henan: la storia racconta che a seguito di una esondazione distruttiva, alcuni villaggi avevano iniziato ad offrire agli Dèi ma senza che l’ira degli Eterni si placasse.

Un giorno, dopo aver fronteggiato l’ennesima furia delle acque, un ragazzino notò una grande tartaruga, ferma sulla sponda distrutta del fiume. Si avvicinò e notò che sulle forme geometriche del suo guscio, l’animale portava dei segni numerici per un totale di 3×3 e per un valore costante di 15.

Il giovane comprese allora che questo era un messaggio del temibile dio del grande fiume: le offerte dovevano rispettare rigorosamente la formula e la sequenza di quindici.

Il mito della creazione del Lo Shu rientra fra le leggende fondative e in particolare fra i temi eroici sulla nascita della scrittura.[4] Se si vuole accettare che, verosimilmente, le prime attestazioni di questi quadrati si collochino attorno al IV secolo a.C., allora dobbiamo affermare che il mondo occidentale conoscerà l’armonia dei quadrati matematici un po’ più tardi.

Interessante, a tal proposito, è il lavoro del grammatico bizantino Manuele  detto Moschopoulos che, probabilmente su ispirazione della cultura islamica, stese un lavoro interessante sui quadrati magici.

A partire dal XIV secolo, di lavori sui quadrati se ne incontrano diversi entro il panorama europeo, in associazione a pratiche magiche, spirituali ed esoteriche. Pensiamo ad esempio all’ampio impiego dei quadrati come talismani o come amuleti, ovvero come elementi materiali atti a raccogliere la proiezione sacrale-immaginifica tesa a favorire determinati fenomeni o, nel caso specifico dell’amuleto, a proteggere da specifiche influenze considerate negative.

2. Amuleti, talismani, alchimie…

Tanto un amuleto quanto un talismano ha, in genere, necessità di essere rappresentato da uno specifico supporto: a meno che l’oggetto non divenga di per sé elemento di proiezione totale, sul supporto devono essere incisi segni, simboli, numeri o lettere.

Fra i metalli più impiegati si danno l’argento, il coccio, il bronzo o ancora si utilizzano porte e muri: proprio così si presenta il celeberrimo quadrato della Melancholia I di Albrecht Dürer, del 1514.

L’opera, una incisione a bulino, è un fitto intreccio di riferimenti ermetici e iniziatici: L’incisione, come noto, fa parte del trittico Meisterstiche, legato alle virtù morali, teologiche e intellettuali.

Perchè “Melencolia”?

Il riferimento è alla teoria umorale originariamente concepita da Ippocrate nel IV secolo a.C., secondo la quale il corpo umano sarebbe regolato dall’azione e dall’equilibrio dei fluidi elementali, quali appunto l’umore nero corrisponde alla terra, che nel corso del periodo umanistico era considerato prevalente in coloro che si dedicavano all’intelletto e allo studio.[5] 

Protagonista della rappresentazione è una enigmatica figura alata seduta in posa meditabonda su un gradino di pietra, con il mento sorretto dalla mano. E’ circondata da elementi apparentemente privi di qualsiasi legame logico o simbolico:  un cane, strumenti di falegnameria, un putto, una pietra squadrata, una bilancia, una clessidra, una sfera, alcuni chiodi e un crogiuolo… e in lontananza si scorge la distesa placida del mare illuminato da una Luna piena,[6] che risplende in tutto il suo fulgore.

La figura – lievemente imbronciata – alza gli occhi verso un punto indefinito, mentre stringe un compasso fra le dita e l’avambraccio riposa su un libro chiuso.

Sopra il suo capo, sul muro, una campana e un quadrato inciso. Secondo Panofsky,[7] è chiusa in una meditazione imperscrutabile e in qualche modo auto-limitante mentre Calvesi,[8] ne dà un’interpretazione squisitamente alchemica associandola alla fase della Nigredo, ovvero alla prima trasmutazione dell’ “opus”; l’edificio sarebbe dunque una sorta di “athanor” ovvero il locus segreto dove la materia sta iniziando la propria trasformazione (scandita dalla clessidra) attraverso la fase più dolorosa, purgante, mortifera. 

Anche il quadrato sarebbe dunque un diretto riferimento alle operazioni dell’arte alchemica: la costante è nel valore di 34 e 34 significa 3 4- 4, ovvero 7 come appunto i principali passaggi trasmutativi dell’Opus. 

3. Il mondo intellettuale del Rinascimento

Nel corso del Rinascimento, i quadrati magici furono associati ai sette Pianeti (Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e la Luna). Ognuno di questi quadrati possedeva un suo ordine e dunque una sua costante “magica” – la costante di somma – che era in diretto riferimento all’armonia legata all’elemento astronomico e astrologico. Si tratta di una tradizione che dev’essere compresa alla luce della genesi dell’Ermetismo cristiano che ha luogo proprio nei secoli del periodo umanistico-rinascimentale.

Il periodo che va dalla fine del Trecento alla fine del Quattrocento rappresenta un momento di profonda transizione all’interno della cristianità europea. Gli sconvolgimenti non si configurano solo su un piano religioso e sociale ma anche e soprattutto politico ed economico. L’Europa, emersa dalla strage della peste, sta per affrontare lo sviluppo degli Stati Moderni e la grande onda dell’Impero ottomano, la scoperta dell’America e la riforma protestante. Un sostanziale rinnovamento culturale sta per aprire la porta alla definizione del metodo scientifico, che transita attraverso una nuova concezione dell’uomo e del suo ruolo nei confronti della natura e di Dio. Questi mutamenti non devono essere intesi secondo un meccanismo di contrapposizione: il cosiddetto periodo medievale non si pone affatto in “oscuro” contrasto con l’esplosione di un fertile antropocentrismo. Nel suo complesso, lo spazio temporale che si stende fra il Trecento ed il Seicento si configura piuttosto come il pieno sviluppo di una serie di elementi propri del Medioevo, rappresentando così un ponte fondamentale verso la modernità. Naturalmente, l’interpretazione dell’uomo artefice e libero, non più soggetto alla sorte nei suoi imprevedibili rivolgimenti allorquando si rende degno di esplorare le misteriose corrispondenze che sostengono l’architettura naturale può apparire in netto contrasto con la concezione teocentrica e tuttavia, come già accennato, non si tratta che delle estreme conseguenze di uno spirito di intrinseco rinnovamento già ampiamente presente nei secoli successivi all’Anno Mille.

A caratterizzare questo momento storico è l’idea che l’uomo debba porsi nella condizione di un costante miglioramento che transiti attraverso l’ampliamento della conoscenza e dell’erudizione: l’esercizio della filologia, lo studio dei classici, il dibattito filosofico sono mezzi atti a raffinare un’essenza che deve spingersi oltre la materia per giungere all’intuizione dell’Unità. Ne consegue un’esaltazione della vita attiva e non solo contemplativa, che si spinge all’ideale dell’uomo “polymathes”.

La parola πολυμαθής indica “colui che ha imparato molto”, nel senso di una persona altamente formata e versata in più campi del sapere. Tale ampia conoscenza si ritiene humus per lo sviluppo di una altrettanto ampia consapevolezza etica e spirituale e, dunque, l’imprescindibile fondamento di quell’elevazione che è propria del vero sapiente.

Questa poliedrica formazione, che nasceva dall’accesso – ovviamente privilegiato – ad un’istruzione, poggiava su un percorso che abbracciava tutte le discipline in un unico caposaldo atto idealmente a creare l’esempio vivente del più alto traguardo raggiungibile dall’essere umano.

Un uomo “totale”, elevato nella mente e nello spirito, dotto di musica, arte e scienza, di lettere e poesia, posto al centro di un mondo che può governare in virtù della sua capacità di evolvere quegli strumenti che gli consentono di tuffarsi nei misteri della creazione. Come per gli antichi, anche per gli umanisti gli studia humanitatis costituiscono il fondamento di quell’armonia che si pone a fondamento del costante perfezionamento dell’uomo.

Del resto, i veri protagonisti di questi secoli sono proprio i dotti, gli intellettuali, che non sono più necessariamente uomini di Chiesa ma laici la cui vita è legata al favore a loro accordato da figure di potere. Infatti, fra i luoghi dell’intellettuale vi sono le corti e, come vedremo, le accademie. Punto di partenza di questa ricerca del sapere è la riscoperta del mondo classico, a partire dal vasto mondo della filosofia platonica. Ad accompagnare questo viaggio è la curiosità, virtù essenziale dell’uomo-polymathes, che è attento studioso della natura, entro la quale si possono scoprire le fitte trame delle corrispondenze divine e, dunque, la traccia di Dio nel mondo. Così, anche i grandi uomini di Chiesa si comportano al pari dei principi e dei potenti mecenati, contribuendo alla crescita ed alla diffusione della cultura.

The Western esoteric traditions have their roots in a religious way of thinking, wich reaches back to Gnosticism,Hermeticism, and Neoplatonism in the Hellenistic world during the first centuries A.D. In the Renaisance, the rediscovery of ancient text led to the scholarly revival of magic astrology, alchemy, and Kabbalh. Following the Reformation, this spiritual current gave rise to theosophy, Rusacruciaism and Freemasonry, and the modern occult revival (…)”.[9]

Un’opera fondamentale, per rendere sistematica la relazione fra gli elementi astronomici/astrologici e l’armonia matematica dei quadrati è il De Occulta Philosophia  di Cornelio Agrippa (1486 – 1535): i quadrati sono il segno vivente delle recondite corrispondenze che creano l’ordine dal caos, il mezzo della risonanza con le forze del Pianeta evocato, il ponte fra il macrocosmo ed il microcosmo.

Leggiamo alcuni passi particolarmente illuminanti:

Così, quando un mago è versato nella filosofia naturale e nella matematica e conosce le scienze che ne derivano, l’aritmetica, la musica, la geometria, l’ottica, l’astronomia e quelle che si esercitano a mezzo di pesi, di misure, di proporzioni, di giunzioni, nonché la meccanica, che è la risultante di tutte queste discipline, può compiere cose meravigliose che stupiscono gli uomini più colti”.

“Le scienze matematiche sono così necessarie alla Magia e hanno con essa tanti legami, che coloro che si occupano dell’una, trascurando le altre, perdono il loro tempo e non ne ricavano risultati apprezzabili, anzi non riescono a raggiungere mai gli scopi perseguiti. Perché tutte le cose di quaggiù sono prodotte e governate con numero, peso, misura, armonia, movimento e luce e tutto quello che vediamo nel mondo inferiore ha radice e fondamento nelle scienze matematiche; e perciò mercé le sole scienze matematiche è dato produrre, senza intromissione di alcun potere naturale, operazioni Simili a quelle naturali, poiché, come dice Platone, sono cose che non partecipano ne della verità né della divinità, ma sono rassomiglianze concatenate l’una all’altra (…)”

“I pitagorici chiamano il settenario il numero della verginità, essendo il primo che non è generato e che non genera. Infatti non può essere diviso in due parti eguali, così che non è generato da alcun numero ripetuto e non genera nemmeno, perché, se lo si raddoppia, non può produrre un numero che Resti entro i limiti della diecina, che è il primo termine accertato dei numeri. Perciò il settenario è stato consacrato a Pallade. In religione è anche assai venerato, perché è chiamato il numero del giuramento e gli Ebrei dicono che giurare è settenare, ossia prestare giuramento per sette. Perciò Abramo, nel contrarre alleanza Con Abimelech, prese a testimone sette pecore”

Organizzare l’Armonia

1.L’armonia dal pensiero platonico

Il periodo umanistico-rinascimentale rappresenta una stagione ricca anche di numerosi paradossi; il mondo si espande in nuovi panorami geografici, si riassestano i centri nevralgici dell’economia, si rinnova l’idea stessa di governo per avviarsi alla formazione degli stati nazionali, si tentano di risolvere le fratture profonde che hanno deturpato il volto del Cristianesimo. Accanto a questi rivolgimenti, già dalla fine del Trecento, anche i centri universitari si rinnovano e si riassestano, si introducono le cattedre di greco, si generano circoli intellettuali e accademie, creando così vari luoghi nei quali il pensiero di muove fra poli non raramente contrastanti come quelli rappresentati da Aristotele e da Platone.

Naturalmente, parlare di Platone nel contesto umanistico-rinascimentale significa parlare del suo più celebre interprete, Plotino, che può essere considerato il punto nevralgico della cosiddetta corrente neoplatonica.

Il Neoplatonismo affonda le sue radici nella crisi ellenistica, che inquadra un momento storico di passaggio, entro il quale l’essere umano avverte un profondo senso di crisi e caducità: le forme classiche della religione iniziano a non essere più adeguate a rispondere a quei problemi che inquadrano un mondo in drastica trasformazione e la policentrica geografia culturale esalta la fusione fra la grecità e la “sapienza dell’Oriente”: il Neoplatonismo è, in un certo senso, il culmine di questo processo, che trova appunto in Plotino uno dei massimi interpreti.

L’Uno, fondamento della molteplicità fenomenica, infinito, altro, supremo principio, privo di forma e definizione e determinazione, se non per via negativa in quanto impensabile e dunque indicibile: Plotino si spinge oltre Platone:

Ond’è ch’Egli riesce, tra l’altro, ineffabile, nel senso vero del termine. Poiché qualsiasi parola tu pronunzi, tu avrai pur sempre espresso una qualche cosa. Nondimeno, l’espressione al di là di tutto o al di là dello Spirito venerabile sommo, è l’unica che risponde al vero fra tutte le altre, poiché essa, in definitiva, non è una denominazione che sia qualcosa di diverso da quello che è Lui, noi non sappiamo dir nulla sul conto suo, ma noi tentiamo solo,

come ei viene, alla meglio, di dare qualche indicazione intorno a Lui, solo per nostro uso, tra di noi (…)”.

L’Uno è oltre ogni cosa e non si conosce e non si pensa – “(…) infatti noi lo rendiamo molteplice col solo ammettere in lui conoscibilità e conoscenza, e attribuendogli il pensare, noi supponiamo così ch’egli abbia bisogno di pensare (…)Colui che è oltremodo semplice, al di sopra di tutto, quale Egli sia, non può avere pensiero di sé, chè, ove mai l’avesse, avrebbe la molteplicità. In conclusione, Egli non pensa se stesso ed anche noi non possiamo pensarlo”.[10]

Per emanazione, da Dio, si manifesta, secondo differenti gradi, il tutto e la materia, dalla quale l’Uomo può e deve sollevarsi, elevarsi anche mediante estatica intuizione dell’assoluto.  Ora, questo modello di pensiero, di cosmo, di “uomo”, di Dio, seppur non ignorato nel corso del Medioevo, fiorisce proprio a partire dal Quattrocento, anche grazie alle nuove ricerche ed ai nuovi strumenti di cui si avvalgono gli intellettuali del tempo e che permettono, ad esempio, l’acquisizione dei manoscritti delle Enneadi plotiniane. “(…) con l’arrivo degli eruditi greci che, giunti in Italia, assunsero incarichi nell’insegnamento, nelle cancellerie e nel clero, segna la rinnovata fortuna di Platone e in seguito di Plotino. Inizialmente soltanto pochi dialoghi furono tradotti (…)In seguito, con l’arrivo di eruditi greci, come Argiropulo e Bessarione, si trasferì in Italia il ‘conflitto’ tra i sostenitori bizantini di Aristotele e i loro avversari platonici, e anche questo contribuì all’approfondimento della conoscenza di Platone”.[11]

L’uomo è ora, per Pico della Mirandola, il “grande miracolo”, poiché “(…) ultimata l’opera, l’Artefice desiderava che ci fosse qualcuno capace di afferrare la ragione di un’opera così grande, di amarne la bellezza, di ammirarne la vastità. (…) Ma degli archetipi non ne restava alcuno su cui foggiare la nuova creatura (…)  né dei posti (…) Tutti erano ormai pieni, tutti erano stati distribuiti (…)”.[12]

Giovanni Pico della Mirandola e della Concordia fu appunto un punto di riferimento intellettuale fondamentale entro la spinta verso un rinnovamento che ponesse al centro della sua propulsione la reinterpretazione del pensiero platonico. Tale rinnovamento è anche ricerca di una pace dottrinale, il bisogno di una profonda conciliazione in risposta alla disgregazione dell’unità cristiana: la stessa Oratio de hominis dignitate fu scritta, come noto, nell’ambito dell’incontro romano del 1487 dedicato alla pax philosophica.  All’interno del dibattimento delle celebri novecento tesi,[13] compare dunque una fondamentale distinzione fra la magia illecita (anche detta goezia) e la vera Magia, la Magia cioè di colui che secondo Pico è ministro della natura e dunque compartecipe dell’esito più elevato della filosofia naturale: si tratta dello strumento sapienziale già utilizzato con onore da Platone e prima ancora del saggio Pitagora; si tratta della via che conduce alla conoscenza dell’armonia fra le cose e delle virtù che sono specchio di Dio, poiché “non c’è nessuna virtù in Cielo e sulla Terra che il mago non sia in grado di attuare e di unire“.

5. Nulla est virtus in celo et in terra seminaliter

et separata, quam et actuare et unire magus non possit.

9. Nulla est sciencia, que nos magis certificet

de divinitate Cristi, quam magia et cabala.

13. Magicam operari non

est aliud quam maritare mundum

All’interno del pensiero di Pico della Mirandola, l’uomo appare dopo che la creazione ha colmato la grande catena della vita, e si pone per volere di Dio fra gli Angeli e gli animali, dotato delle capacità di discernimento e d’intelletto che gli consentono l’esercizio dell’arbitrio – fondamentale per muoversi lungo questa gerarchia dell’essere e scegliere così di “elevarsi” realizzando la “solidarietà” intrinseca fra il Cielo e la Terra, fra l’alto ed il basso: attraverso le sue facoltà, dunque, l’uomo del Rinascimento si scopre “copula mundi” – come suggeriva Marsilio Ficino. 

E appunto è proprio il De vita di Marsilio a porsi quale fondamentale riferimento di questa magia naturale, supremo segno dell’uomo-mago artefice della propria elevazione. 

L’opera – dedicata a Lorenzo de’ Medici e rivolta a tutti gli studiosi per il loro benessere e la loro salute – si configura come un interessantissimo compendio di medicina, magia, astrologia e una filosofia che intende sposare Plotino e la cosmologia platonica al Cristianesimo.

Secondo quanto appunto già presente nelle Enneadi, anche l’universo di Ficino è pervaso da un’anima vivente che tutto unisce in armonia, creando vincoli agenti per simpatia che il mago può e deve conoscere per agire esaltando i misteri del progetto divino.

La tensione fra la filosofia greca e la dottrina cristiana si compone dunque entro questa proposta di un cosmo in piena solidarietà con l’uomo-mago-sapiente, che si eleva purificandosi e raffinandosi. A proposito del progressivo configurarsi non solo della figura del “mago” ma anche della “magia”, quale connubio non sempre stabile fra filosofia e ambivalente pratica, va altresì ricordato che una delle fonti a cui Ficino ricorre per la sua opera è l’araba Picatrix,[14] probabilmente tradotta fra il 1256 ed il 1258 e falsamente ritenuta frutto del pensiero del sapiente alchimista e astronomo Maslama ibn Ahmad al-Majriti.[15] Ficino risulta capace di cogliere svariati elementi da svariati ambiti, condensandoli in modo coerente, ispirandosi a Dionigi Areopagita, quindi a Sant’Agostino[16] quali filtri del medio e tardo neoplatonismo di Proclo.

2.Comporre un quadrato magico: numeri e formule palindrome

Dunque, come visto, i Quadrati Magici numerici possiedono specifiche caratteristiche che riproducono un’armonia ed un ritmo considerati, nel corso del periodo umanistico rinascimentale, segno di quella mente divina alla quale il Sapiente poteva elevarsi.

Un quadrato magico, per essere tale, deve dunque possedere delle costanti e queste sono matematicamente regolate: innanzitutto, un quadrato magico deve contenere n2n2 numeri distinti, dove nn è l’ordine del quadrato considerato. 

La costante si può trovare con la seguente formula: 

Mn=n(n2+1)2.Mn​=2n(n2+1)​.[17]

Se si moltiplica ciascun numero di un quadrato magico per la stessa costante si ottiene di nuovo un quadrato magico e se si aggiunge o si sottrae la stessa quantità  a ciascun numero si ottiene di nuovo un quadrato magico.

Prova di costruzione: “(…) posizioniamo un 11 nell’elemento centrale della prima riga, e successivamente, spostandoci di una posizione a destra e di una posizione in alto nel quadrato, posizioniamo i numeri successivi della sequenza (22, 33, 44e così via fino ad arrivare a n2n2) con i seguenti accorgimenti: se non è possibile spostarsi in alto o a destra nel quadrato, ci si sposta nella riga più in basso o nella riga più a sinistra, rispettivamente; se si incontra una posizione già occupata da un numero, bisogna posizionare il numero nello spazio libero immediatamente sotto all’ultimo numero scritto”.[18]

E’ possibile costruire anche cubi magici: sono la versione tridimensionale dei quadrati magici! 

Nel novembre del 2003 furono scoperti i primi cubi magici di ordine 5 e 6 dal matematico Walter Trump, e dall’ informatico Christian Boyer.

Insieme hanno trovato il cubo magico perfetto 5 × 5 × 5, il più piccolo dei cubi magici, tormento per più di un secolo, dei matematici i quali erano arrivati persino a dubitare della sua esistenza”.  [19]

Naturalmente, non esistono solo i quadrati numerici.

Infatti questo saggio è dedicato al più famoso fra i quadrati magici, che è composto di lettere…anzi, di frasi.

La differenza, tuttavia, non è così marcata: il senso è sempre quello di una armonica costruzione di segni intrisi di uno specifico significato e legati da una assoluta reciprocità.

La parola chiave per comprendere il senso dei quadrati letterali è: palindromo.

Cerchiamo allora di capire di cosa si tratta.

Un palindromo – πάλιν (cioè, di nuovo), δρóμος (cioè, percorso, via) – è letteralmente un “labirinto di segni”: un insieme di lettere e frasi che possono essere percorsi e ripercorsi secondo diverse direzioni pur mantenendo un senso compiuto.[20]

L’invenzione del palindromo, per quanto concerne la cultura europea, è notoriamente attribuita al poeta greco Sotades “(…) che fornì un altro nome per i palindromi simmetrici: sotadici, mentre il poeta romano Porfirio Ottaciano (IV secolo d.C.) divenne noto per i primi palindromi in latino”.[21]

Optaziano fu il primo autore a scrivere i cosiddetti versus intexti – cioè forme di carme figurato – con acrostici e appunto palindromi.[22] L’Anthologia Palatina, nel XV libro, riporta esempi di carmina figurata attribuiti ai poeti Simia – probabilmente l’inventore di questo modello giocoso di composizione – e Bisento, amante dell’acrostico .[23]

Il celeberrimo Panegyricus – dedicato all’esaltazione della “santa figura” di Costantino – è appunto una curiosa raccolta di carmi figurati.

In generale, il  corpus di Ottaziano si caratterizza per la presenza di una serie di enigmatici richiami interni di carattere “esoterico”o forse più propriamente magico, in linea con un certo sentire culturale proprio dell’epoca del tardo-antico.[24]

Probabilmente, anche per questo, Ottaziano è stato apprezzato anche nel corso della citata epoca umanistica e rinascimentale, che ha traghettato fino alla contemporaneità l’amore per queste argute forme di enigmi e giochi di arte e intelletto.

Prima di proseguire è bene chiarire una questione di termini: esiste un fraintendimento che porta a impiegare il termine magia per indicare un comportamento religioso proprio di strutture sociali in cui l’assenza del metodo scientifico crea limiti insormontabili a una comprensione del mondo.

Come già illustrato altrove, si tratta di una deformazione che dev’essere fatta risalire tanto all’Illuminismo quanto alla ricezione in ambito umanistico dell’Evoluzionismo. A partire dalla metà del XX secolo, il fenomeno magico è stato studiato secondo paradigmi del tutto rinnovati e secondo linee guida fino a quel momento ignorate ma assolutamente fondamentali. Questo ha permesso di mettere in luce come, ad esempio, il citato termine “magia” fosse stato impiegato a lungo come una definizione del tutto vuota de facto e comoda per inserirvi una serie di fenomenologie di difficile interpretazione a causa di una carenza strumentale e metodologica. [25]

E’ inoltre interessante ricordare come Alfonso Maria Di Nola ritenne che una

differenza fondamentale fra il concetto di “magia” e quello di “religione” potesse essere cercata nell’atteggiamento che accompagna il relazionarsidell’uomo al sacro secondo il modello di attività e passività: il pensiero di modello religioso potrebbe essere quello in cui l’essere umano percepisce l’esistenza di un mondo ampio e travolgente, di fronte al quale si

auto rappresenta quale elemento passivo, impotente e in eterna dipendenza.

Al contrario, secondo il pensiero di modello magico, l’uomo tenterebbe un confronto attivo con la vastità delle potenze che compongono il mondo –  talora addirittura cercando di dominarle e indirizzarle; talora semplicemente di comprenderle.

Più che distinguere la religione dalla magia vi sarebbe allora da distinguere l’ azione magica da quella religiosa, ovvero l’esperienza della magia da quel bisogno di “lasciarsi prendere e reggere” in quello “smarrimento della propria autonomia” che è invece cifra del sentimento religioso”.[26]

Chiarite alcune forme di una difficile e ingannevole definizione, possiamo tornare ai palindromi che, nel corso dei secoli, furono regolarmente associati, appunto, a pratiche magico-spirituali come religiose.

Il fascino risiede nel gioco speculare delle lettere, nella possibilità di mantenere saldo un significato nonostante si cambi la direzione di lettura: l’ordine prevale sul caos e dunque, nell’ottica cristiana, Dio prevale sul tenebre.

Celebre l’iscrizione dalla Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli da una frase attribuita a San Gregorio Nazianzeno:

νιψον ανομηματα μη μοναν οψιν.[27]

Nonostante quest’ordine che attraverso il palindromo sembra vincere il caos demoniaco, l’apparente assurdità di una frase o di una parola che rimane inalterata indipendentemente dal senso della lettura o della scrittura prevale, nell’immaginario, quale segno di una qualche imprevedibile e minacciosa malignità.

Perciò al modello palindromo, de facto, la tradizione popolare e folkloristica cristiana tende ad assegnare un odore sulfureo…

Pare, ad esempio, che il Vescovo Sidonio Apollinare attribuisse proprio al demonio, in risposta a Sant’Antonio, l’elaborazione di quella che, probabilmente, è la più famosa (e amata) frase palindroma:

In girum imus nocte et consumimur igni

Il senso è chiaro: “Giriamo in tondo nella notte e veniamo consumati dal fuoco”. Sono le lucciole…e questo è un indovinello che, probabilmente, risale al III secolo d.C.

In un testo pubblicato a Firenze alla fine del XVIII secolo, “L’Osservatore Fiorentino sugli Edifizi della sua patria” di Marco Lastri (un resoconto storico-artistico su opere architettoniche e monumenti)  cita il pavimento del Battistero di San Giovanni di Firenze, dove, dietro alla Porta del paradiso di Ghiberti, si trova una grande tavola in marmo contenente la ruota zodiacale con al centro il Sole. L’opera è accompagnata  accompagnata da una frase – palindromo:

En giro torte sol ciclos et rotor igne [28]

 A tal proposito, in un passo della Cronica (I, LX), Giovanni Villani scrive: “E troviamo per antiche ricordanze che la figura del sole intagliata nello ismalto, che dice: EN GIRO TORTE SOL CICLOS, ET ROTOR IGNE fu fatta per astronomia; e quando il sole entra nel segno del Cancro, in sul mezzogiorno, in quello luogo luce per lo aperto di sopra ov’è il capannuccio”.

Il riferimento è al passaggio del Sole al Solstizio secondo – probabilmente – una consolidata associazione fra la figura cristica ed il bilanciamento delle ore di luce nel corso di questi passaggi. [29]

Il palindromo più lungo di sempre è stato invece ideato da Lawrence Levine: 31.594 parole in forma di romanzo:  Dr. Awkward & Olson in Oslo.[30]

Il lungo viaggio tra il mio primo, timido tentativo di costruire un breve palindromo di circa quaranta lettere e il completamento di un romanzo palindromico  (…)è stato una lezione incessante in molte discipline. Ci sono state lezioni di tentativi ed errori, di logica, di vocabolario, di sintattica e un ampio sviluppo lessicale che non avrei mai creduto possibile. Sebbene mi fossi sempre considerato un amante più che ordinario della mia lingua madre, non mi ero mai reso conto di quanto fosse metamorfica e sottomessa questa straordinaria lingua inglese (…) Scrissi il mio primo palindromo esteso nel 1960. Arrivò a 170 parole (o 600 lettere). Ho cercato di dargli il maggior senso possibile (…) Un’ultima domanda. Perché ho scritto “Il dottor Awkward e Olson a Oslo” nella forma che ho scelto, come romanzo? La mia risposta finale, spero, non è disonesta. Ho scritto il romanzo perché, a mia conoscenza, nessun altro aveva mai scritto un romanzo altrettanto innocuo”.[31]

Nel 2012 – anzi, nella data palindroma: 21/02/2012 –  Gabriele de Simon pubblica il Vangelo Palindromo mentre la singola parola in forma palindroma più lunga è probabile sia il termine finlandese saippuakivikauppias.

Prima di passare all’analisi del SATOR AREPO, divertiamoci con alcune forme italiane:

Ero maniaca in amore!

E lei metta latte e miele

Io vado da voi

I nasi sani

Era reo o era re?


E’ rotto dottore?

I topi non avevano nipoti

Angela lava la legna

Afona voce eco vano fa

Amo ridere di Roma


E lo vedo: lei è lodevole!

Apra l’arpa

SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS

1.Decifrare il SATOR AREPO

Cosa vuol dire SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS?

O…meglio…c’è un significato, come avviene per molti altri palindromi, oppure non si tratta di una frase ma di un insieme di parole senza senso compiuto?
Il nostro punto di riferimento è TENET che, letteralmente, significa “tiene”.

Il verbo deriva dal latino tenĕo ed è la forma della terza persona singolare, modo indicativo, tempo presente.

“Egli tiene”.

C’è un verbo, quindi è una frase.

C’è un verbo, quindi c’è un soggetto.

Potrebbe essere AREPO.

A differenza del verbo facilmente individuabile al centro della frase, la parola AREPO in latino non esiste. Secondo Carcopino,[32] tuttavia, questo nome potrebbe derivare dal mondo celtico e in particolare dall’area di Lione ed essere stato desunto dalla parola arepennis.

Di cosa si tratta? Di una misura agricola specifica, che Columella riteneva equivalente a mezzo iuggero[33] ed era corrispondente “alla superficie di lavoro che poteva effettuare, senza fermarsi, l’aratro gallico”.[34]

Il termine “arepos” sarebbe dunque stato latinizzato in Arepus, un nome della II declinazione che, in caso ablativo o dativo, risulterebbe appunto Arepo.

Se dunque l’Arepus è un modello di aratro celtico, allora l’impiego dell’ablativo si trasforma in un complemento di mezzo che potrebbe essere inteso come “con l’Arepo” cioè “con l’aratro”.

Avremmo dunque a questo punto decifrato ben due parole: “tiene” e “con l’aratro”.

Va tuttavia sottolineato il fatto che questa parola è anche stata intesa come un nome proprio, proprio per la difficoltà di collegarla a termini noti.

Ma c’è altro. Nel glossario del latino medievale del Du Cange,[35] pubblicato per la prima volta nel 1678, appare (tomo primo) la parola “aripus”, che così è commentata: “Gladius Falcatus, in Glossario antiquo MS”.

Cioè: si tratta di un’arma a forma di falce come riportato nel manoscritto medievale relativo.

E che arma sarebbe? L’ ἅρπη greco; quello che Perseo usa per decollare la Medusa, per intenderci. Una sorta di falcetto.

Esiste una divinità collegata all’immagine del falcetto, nel mondo romano? Saturno.

E’ interessante, questo?

Sì e per due ragioni, la prima è che Saturno è collegato all’agricoltura e la seconda è che proprio il termine che a breve vedremo (Sator) è collegabile a Saturno.

Sătŏr (satōris) significa infatti sia “seminatore” cioè, contadino, agricoltore che “generatore”. Secondo quest’ultima accezione è impiegato anche per indicare  “Caelestum sator”, cioè il dio padre creatore:[36]

“Videte, cuncti, tuque, caelestum sator,
iace, obsecro, in me vim coruscam fulminis!”

Mancano ovviamente altre due parole: OPERA e ROTAS.

In latino, operă (-ae) significa attività, lavoro ma anche impegno o sforzo. Pensiamo a frasi come “operam dare alicui” che può essere tradotto come “aiutare qualcuno” nel senso proprio di offrire il proprio lavoro a qualcun altro. Oppure a “operae pretium est”, nel senso di “vale la pena”, lo “sforzo”.

Si tratta di un nome della I declinazione e quindi potrebbe trattarsi di un ablativo da intendersi come complemento di modo. Ad esempio, cioè, traducibile con “con sforzo” piuttosto che “con fatica” o ancora “con impegno”.

Accettiamo per ora questa traduzione e otteniamo, nel complesso: “Con fatica, il contadino tiene con l’aratro…”

…cosa?

Le ruote? Cioè, ROTAS?

Anche rŏta è un termine latino e significa ruota ma anche carro, tornio, ingranaggio e, per estensione, il disco solare.

Essendo, ancora una volta, un termine femminile della I declinazione, la -s indica un accusativo plurale: “le ruote”, da intendersi come un complemento oggetto riferibile al verbo “tenet”.

Potremmo, a questo punto – e secondo questo modello interpretativo – avere una prima bozza di possibile traduzione:

“Con fatica, il contadino tiene le ruote con l’aratro”.

O ancora, forzando l’interpretazione: “Con fatica, il contadino governa le ruote con l’aratro”.

O ancora: “Il contadino, operosamente, governa le ruote con l’aratro”.

O, infine: “Il seminatore, con fatica, governa con l’aratro le ruote”.

Le possibili varianti sono molte ma l’immagine non cambia: c’è un agricoltore che sorregge un aratro e lo impiega in modo faticoso ed operoso.

Naturalmente, si tratta di una figura che, apparentemente, ha poco senso ed è proprio per questo che è necessario ora compiere un viaggio attraverso le fonti che ci chiariranno l’impiego di questa frase: forse, attraverso l’osservazione diretta delle testimonianze, ci sarà possibile capire cosa rappresenti veramente questo misterioso contadino colto al lavoro con il suo aratro celtico.

2. Le fonti e l’uso

Probabilmente, l’esemplare più antico del quadrato del SATOR è quello di Pompei, la cui datazione rimane tuttavia complessa e incerta.

La scoperta avviene nel 1936 grazie a Matteo Della Corte; un esemplare si trova nella Casa di Paquio Proculo, ed è mutilo, l’altro si trova – integro – su una delle colonne della palestra ed è, molto probabilmente, il più antico: forse anteriore al terremoto del 62.

Nota curiosa: la traccia è stata lasciata da una mano che ha trovato esercizio anche in altre forme e infatti è ben riconoscibile anche in altri graffiti vicini, che rivolgono un saluto a un certo Sautranus…

Sempre da Pompei arriva un terzo esemplare meno noto, individuato da Carlo Franciosi nei pressi della grande palestra in via dell’Abbondanza.[37]

Ulteriori esemplari di grande importanza si trovano fra le rovine romane di Cirencester in Britannia e di Dura Europos, presso il fiume Eufrate: si tratta, in entrambi i casi, di quadrati magici databili a un periodo successivo, ovvero intorno al III secolo d.C.

Esiste una tradizione che parla di una corrispondenza intercorsa fra il signore di Edessa Abgar V e Gesù: il re chiede a Gesù di aiutarlo per salvarlo dalla lebbra; Gesù declina ma invierà il discepolo Anan con il Mandylion (un telo con impresso il volto del Cristo) per guarirlo. [38]

Una testimonianza di questa lettera si troverebbe in una tomba trasformata in cappella nel deserto di Faras – accanto a questa si trova un elenco dei “martiri di Samaria”, dei nomi dei sette fratelli di Efeso[39] e una serie di iscrizioni (databili al VII-VIII secolo) per il defunto, fra le quali appare la formula del SATOR.

Ora, questa particolare testimonianza è associata ai chiodi della croce del Cristo, che secondo il folklore religioso-magico di molte aree cristiane dell’Africa sono cinque e non tre o quattro e, appunto, possiedono ciascuno un nome corrispondente alla formula completa del quadrato magico.

Si hanno anche altre testimonianze di questa attribuzione delle parole del quadrato ad elementi specifici della tradizione cristiana: si pensi, ad esempio, alle chiesi rupestri della Cappadocia dove i pastori che si recano in visita a Gesù bambino sono chiamati SATOR, AREPO e TENETON (chiaramente, da TENET).

A partire dall’alto medioevo, di ritrovamenti del SATOR, l’Europa è piena: a titolo d’esempio si possono citare il torrione del Castello di Loches, il convento di Santa Maria Maddalena di Campomarzo, la Cattedrale di Siena, l’abbazia di Valvisciolo a Sermoneta (dove le parole sono disposte in forma radiale), la Chiesa di Santa Lucia di Magliano o ancora le travi dismesse di un’abitazione

in area Sciara di Scorciavacca (Catania)…[40]

E’ possibile che questa diffusione sia segno di una ricezione di questa formula non sono di tipo squisitamente religioso ma, appunto, magico-folkloristico con particolare riferimento all’idea di farne un amuleto, ovvero un modello di protezione, ad esempio dagli incendi o dalle malattie. Si consideri a tal proposito la formula del SATOR incisa su una pietra presso la pieve romanica di San Giovanni a Campiglia Marittima, che è stata interpretata come elemento apotropaico per scongiurare incendi o crolli.[41]

A proposito di questo impiego magico del SATOR, esiste una testimonianza davvero interessante di Alphonse Aymar che racconta come presso la cittadina di Aurillac si fosse sviluppato l’uso di uno speciale sacchettino per la protezione delle partorienti e dei viaggiatori: si trattava di un “piccolo sacchetto rettangolare (altezza: 125 cm, larghezza: 95 piedi)  composto da tre buste di tela, una delle quali è stata aggiunta in seguito, dopo che l’involucro esterno originale si era consumato. Questa circostanza indica già un uso frequente. La tela dell’involucro esterno presenta ampie strisce, che alternano bianco e blu; lo sfondo rosso scuro della seconda busta è impreziosito da fiori bianchi; sullo sfondo biancastro dell’involucro esterno, appare una spolverata di stelle e punti neri. Il contenuto presenta la disposizione più bizzarra che si possa immaginare[42] e comprendeva una pergamena con il quadrato magico.

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, l’Europa vive, a partire dal XIV-XV secolo, una forte trasformazione che porta alla diffusione del pensiero neoplatonico, delle ideazioni esoterico-iniziatiche delle Accademie e dell’Ermetismo cristiano. Non stupisce dunque in questo contesto il perseverare dell’impiego della formula del SATOR che, anzi, si accompagna a quei già citati quadrati magici matematici.

Il controverso, “eretico” matematico e astrologo Gerolamo Cardano parla dell’impiego della formula del SATOR incisa su croste di pane come rimedio contro la rabbia. [43]

Neppure le testimonianze più interessanti e significative che abbiamo riassunto ci aiutano a comprendere quale possa essere stata l’origine del quadrato magico più famoso del mondo.

Sappiamo, come visto, che il suo impiego nell’arco dei secoli si è collocato fra l’universo religioso e quello folkloristico, fra la devozione e la magia ma non è semplice comprendere come fu ideato, in quale contesto e perché.

Naturalmente non è mancato chi ha ritenuto che il quadrato dovesse essere letto come una formula da collegare alla letteratura di carattere ermetico propria appunto del periodo umanistico-rinascimentale e direttamente riconducibile alle tradizioni mitopoietiche dedicate a figure come quella di Ermete Trismegistos.

Ermes “tre volte grande” (tris meghistos, appunto)  è il leggendario sapiente legato alle figure dell’Hermes greco e del Thot egizio, entrambi numi intermediari fra il divino ed i mortali, signori della parola e patroni – per così dire – dell’atto magico.

A questa figura è attribuito, tradizionalmente, un insieme di testi di carattere filosofico e iniziatico-spirituale composto, verosimilmente, attorno a III secolo e denominato Corpus Hermeticum: considerata l’influenza di questi scritti per la successiva codificazione, in Europa, dei fondamentali dell’Esoterismo e dell’Ermetismo cristiano, non stupisce come anche il SATOR AREPO sia stato fatto rientrare fra le “rivelazioni” sapienziali dedicate dal dio Hermes ai suoi eletti.

Secondo questa interpretazione, la frase “Il Seminatore/Contadino con l’aratro, operosamente governa le ruote” si trasformerebbe in una allegoria del divino creatore che tutto vivifica (il seminatore) e tutto sorregge e governa, comprese le “ruote” del Destino e, quindi, la Necessità Universale.[44]

Non mancano infine coloro che in questo gioco di parole hanno voluto intravedere un nome proprio: AREPO. Secondo questa interpretazione, la traduzione cambierebbe radicalmente e potrebbe risultare la seguente: “Il contadino Arepo governa operosamente le ruote”.[45]

Sempre il controverso AREPO si è prestato ad essere interpretato come acronimo:

Aeternus

Rex

Excelsus

Pater

Omnipotens

Naturalmente, una simile lettura autorizza a una interpretazione decisamente religiosa, che cela nella figura del “buon seminatore” il dio Padre generatore,  che con dedizione governa le sorti dei mortali e dell’intero universo.

Se poi si considera un acrostico anche TENET (Tellurem Effecit Numen Elementorum Temperatione oppure Terra Effigiem Naturae Essentialis Tenet)[46] la lettura mistica assume una forza evocativa ancora più determinante, per quanto un po’ distante dall’immaginario

attribuibile ai primi Cristiani. 

Va però sottolineato come una eventuale genesi del quadrato come strumento per difendere i primi Cristiani non risulterebbe affatto incompatibile con il suo successivo impiego all’interno del folklore magico.

Innanzitutto è necessario considerare come, soprattutto nel corso dell’alto medioevo, i nomi dei santi, dei martiri e dei personaggi della Bibbia fossero frequentemente impiegati accanto a scongiuri o a preghiere dall’impiego superstizioso – in genera al fine di combattere malattie, sciagure, aborti.

Si tratta di una tradizione che affonda le sue radici nel mondo del tardo ellenismo e in capitali e snodi culturali quali Alessandria d’Egitto, dove il mondo classico s’incontrava con  la cultura ebraica, orientale, egizia e produceva talismani, amuleti e papiri con formule di guarigione e riti d’amore che mischiavano le divinità dell’Olimpo ai personaggi della Bibbia, i nomi “barbarici” di evocazione[47] alle preghiere e agli Déi egizi.

Tutta la cosmologia che caratterizza le tradizioni esoterico-iniziatiche; mistico-magiche e misteriche deve la propria impostazione all’opera di commentatori e filosofi egizi; greci e orientali che, a partire dal II secolo d.C. all’incirca, iniziarono a reinterpretare la filosofia greca alla luce delle istanze della cultura ellenistica e dell’incontro con Roma, l’Egitto e l’oriente: “L’uomo che ha imparato a controllare e a dominare le potenti forze spirituali presenti nell’universo e le ha indirizzate verso la conoscenza del Divino, riesce a essere egli stesso (…) a congiungere il divino che è in sé con il Divino che è nell’universo”.[48]

Si pensi ai cosiddetti Papiri Magici Greci – un testimone preziosissimo delle tarde forme assunte dalla magia greca mescolata ad elementi desunti dalla magia faraonica, fenicia e giudaica. Si pensi alla codificazione seppur implicita delle prime leggi per quel confezionamento di amuleti e talismani che arriva fino ai nostri giorni.

E se il quadrato del SATOR fosse appunto sia un oggetto di devozione religiosa che un talismano? Se, cioè, i due elementi non potessero essere scissi l’uno dall’altro?

Cos’è un talismano? Ne abbiamo già rapidamente accennato in precedenza: dal greco telesma, che significa “rituale”, un talismano è un oggetto sul quale è proiettato il sacro (in forma soggettiva o collettiva).

Nella sua forma di “amuleto” indicava in origine un’offerta alimentare per placare gli dèi ed attirare il loro favore e in seguito divenne uno strumento specifico per allontanare il male e la disgrazia.[49]

Con l’epoca ellenistica, questi strumenti si fanno per lo più canali di superstizione popolare, confezionati con pietre ed erbe e attivati attraverso parole incomprensibili ed esotiche.[50]

Tuttavia, la più accettata teoria sull’origine del quadrato magico lo colloca all’interno dello sviluppo del Cristianesimo.

Diversi studiosi propendono dunque – e con una certa forza – per l’origine paleocristiana: ma a che scopo i primi Cristiani avrebbero dovuto creare un simile gioco di parole?

Il citato Jèrôme Carcopino aveva difeso con vigore la genesi religiosa del quadrato come un anagramma della preghiera del Padre Nostro[51] riconducibile al tempo di Ireneo da Lione mentre Henri Leclerq aveva affermato: “L’origine cristiana del pentagramma non è difendibile (…) siamo autorizzati a relegarla dall’archeologia nel folclore”.[52]

Cristina Sacchi e Gianfranco Ravasi, nell’opera per i caratteri di Tallone del 2004, accolgono entrambi con favore l’ipotesi cristiana: “Il quadrato magico è la frase palindroma criptografica forse ideata dai cristiani, nei primi tre secoli dell’impero romano, come ingegnoso artificio per proteggere i segreti della loro fede dagli oltraggi profani e dalla minaccia delle superstizioni”.

Dunque, secondo questa prospettiva, la necessità di nascondere il nome del Salvatore, di Dio o di una preghiera rientrerebbe fra le medesime cause della costruzione del celeberrimo “pesce” – dal greco ἰχθύς, a indicare:

Ι  –  Ἰησοῦς;Gesù

Χ – Χριστός; Cristo

Θ – Θεοῦ; di Dio

Υ – Yἱός, figlio

Σ – Σωτήρ; Salvatore

Non ci resta ora che tentare di aprire, decodificare il quadrato magico per scoprire quali segreti vi si celino e se essi siano cristiani, pagani, religiosi, magici…o tutto insieme!

3. Aprire e decifrare il quadrato magico

La prima evidenza, svolgendo il quadrato, è l’efficacia della lettura “bustrofedica”: in sostanza, che si legga da destra a sinistra o da sinistra a destra, la frase non cambia.

E’ questo appunto il motivo per cui, come visto, il gioco del SATOR va innanzitutto considerato come un palindromo – ma un palindromo particolarmente ingegnoso perché estende la sua efficacia, per così dire, anche in verticale: la frase non cambia dunque che si legga da destra, da sinistra, dall’alto o dal basso.

La forma quadrata e l’armonia speculare sono naturalmente garantite dalla costante del valore 5: le lettere che formano ogni parola sono cinque, cinque sono le righe (per un totale di 25 lettere).

Naturalmente, secondo i paradigmi dell’astrologia, 5 è il valore del pianeta Marte e, per questa ragione, non è mancato chi ha voluto associare il SATOR al quadrato magico numerico di Marte.

Entro quest’armonica disposizione, ogni parola è poi speculare ad un’altra:

SATOR diventa ROTAS

AREPO diventa OPERA

OPERA diventa AREPO

ROTAS diventa SATOR

TENET invece è puramente palindroma e nella disposizione a quadrato si incrocia con la sua gemella suddividendo l’intera figura in 4 quadranti.

Al centro della croce che così si viene a formare rimane la lettera N che è, per altro, l’unica che non si ripete mai.

Per questa ragione, le è stato attribuito un possibile significato di particolare rilievo.

Va innanzitutto considerata la Cabala, che si evolve in Europa a partire dal XII-XIII secolo: secondo i parametri di questa speculazione mistico esoterica, la quattordicesima lettera dell’alfabeto ebraico, la “nun” נ  sarebbe equivalente al valore 50.

Il numero 50 non è privo di importanti significati, infatti rimanda alle “Cinquanta Porte dell’Intelligenza”- identificabile secondo il Sepher Sephiroth nella Sfera di Binah  – e nel totale dello scibile umano.

Il significato di questa lettera è “pesce” che, come abbiamo visto, indica Gesù. Tuttavia, secondo alcuni, la lettera deriverebbe da una stilizzazione del serpente, il Nachàsh che si ritrova anche nella Genesi.

Avremmo dunque così al centro della croce cristica che partisce il quadrato l’unione del Serpente (tentazione e peccato) e del Pesce (Cristo, la Salvezza).

Considerando il ripetersi di TENET per due volte, si ottengono quattro T.

La tau T – diciannovesima lettera dell’alfabeto greco – indica tradizionalmente proprio la Croce e, osservando la formazione centrale del quadrato si noterà che essa (cioè appunto la Croce Tau) è incorniciata da A ed O, ovvero Alpha e Omega – l’appellativo del Cristo Salvatore secondo il riferimento a Isaia 44:6.

ἐγὼ τὸ Α καὶ τὸ Ω

Io sono l’Alpha e l’Omega

Se la lettera N si ripete una sola volta, la P e la S due volte e le altre lettere quattro volte, queste lettere possono essere estratte, sviluppate, anagrammate, poste in Croce incontrandosi appunto nella “n” a formare la doppia formula PATER NOSTER, incoronata da Alpha e Omega.[53]

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[1] M.C. Sacchi, SATORA AREPO palindrome criptografica cristiana; Tallone Ed., 2012.

[2] Vd. M.Gardner, The Six Book of Mathematical Games from Scientific American; University Chicago Press, 1984.   D. Wells, The Penguin Dictionary of Curious and Interesting Numbers;   Penguin Books1986.

[3] Affluente del Fiume Giallo.

[4] Vd. A.Schinz, The Magic Square: Cities in Ancient China; Axel Menge, 1996.  Inoltre: S. Cammann, The Magic Square of Three in Old Chinese Philosophy and Religion in: History of Religions, I 37–80; 1961.

[5] Ficino, nel 1489 con il De vita triplici  associa esplicitamente il genio a Saturno e dunque appunto all’umor di melanconia.

[6] O, forse, si tratta di Saturno, per rimarcare il valore dell’umore melanconico all’intelletto e alla filosofia occulta.

[7] Vd. E. Panofsky, F.Saxl, Melancholia I di Dürer – una ricerca storica sulle fonti e i tipi figurativi, a cura e con uno scritto di E. Jona; Quodlibet, 2018.

[8] M.Calvesi, La melanconia di Albrecht Dürer; Einaudi, 1993.

[9]Le tradizioni esoteriche occidentali hanno le loro radici in un modo di pensare religioso, che risale allo gnosticismo, all’ermetismo e al neoplatonismo nel mondo ellenistico durante i primi secoli d.C. Nel Rinascimento, la riscoperta di testi antichi portò alla rinascita accademica dell’astrologia magica , alchimia e Cabala. Dopo la Riforma, questa corrente spirituale diede origine alla teosofia, al Rusacruciaismo e alla Massoneria, nonché al moderno risveglio occulto (…)” . N. Goodrick Clarke, The Western Esoteric Traditions: A Historical Introduction, Oxford University; 2008; p.4

[10] Enneade V, 3.XIII. A cura di V.Cilento, Vol.III, Laterza; 1949.

[11] M.J.B. Allen, Il Rinascimento, in Treccani, s.v..

[12] Oratio de hominis dignitate; 1486.

[13] Conclusiones; Conclusiones Magice numero XXVI secundum opinionem propriam.5;9;13.

[14] Forse una distorsione dal nome Ippocrate.

[15] Il Picatrix vide la luce nella Spagna moresca in un periodo, purtroppo, non chiaro, tutto ciò che sappiamo è che la stesura poi tradotta risale almeno alla metà dell’XI secolo.[15] Cf. W. Hartner, Notes on Picatrix in: Isis, V.56,4; 1965. Cf. D.Pingree, Between the Ghana and the Picatrix,. I. The Spanish Version; Chicago Journals, v.44;1981. E. Garin, Astrologia e magia: “Picatrix”, in: Lo zodiaco della vita. La polemica sull’astrologia dal Trecento al Cinquecento, Laterza, 1976.

[16] Agostino, lo ricordiamo, aveva tracciato la strada della composizione fra Platone e la Rivelazione, ponendosi così come un’autorità certa per i successivi studiosi cristiani di Platone.

[17] Curiosità: il quadrato magico di 2 non esiste; di 3, ne esiste uno;  di 4 ne esistono 880 e di 5 circa 275 miliardi.

 [18] Intervento di M. Ferrari (Università degli Studi di Milano) per: https://library.weschool.com/lezione/quadrati-magici-soluzione-durer-sagrada-familia-curiosita-matematiche-13672.html

[19]  https://disma-sociale.polito.it/wp-content/uploads/2024/04/Quadrati-magici.pdf Anche: https://mathworld.wolfram.com/MagicCube.html – come anche da Wikipedia, s.v. Anche: https://web.archive.org/web/20131007174924/https://sites.google.com/site/aliskalligvaen/home-page

[20] Cf. S. Bartezzaghi, Lezioni di enigmistica; Einaudi, 2001.

[21]T.Bonch-Osmolovskaya,Antisymmetrical Palindromesin Traditional European and Contemporary Russian Poetry; Faculty of Arts and Social Sciences, University of NSW; 2013.

[22] In realtà, i carmi figurati erano arrivati già prima alla cultura di Roma.

[23] Cf. P.D’Alessandro, Carmina figurata, carmi antitetici e il Pelecus di Simia; Filologia Classica XI – 2011/2012, Edizioni Università di Trieste.

[24] Cf  C. Moreschini, Il sapere scientifico-matematico di Optaziano Porfirio e Lullo, in: Id., Storia del pensiero cristiano tardo-antico; Bompiani, 2013.

[25] Un fondamentale passo in avanti, per colmare queste carenze, è stato compiuto quando l’antropologia si è liberata dal paradigma dell’Evoluzionismo: fu a causa della deformazione tipica di quest’orizzonte che studiosi quali Burnett Tylor o James Frazer  avevano inserito la magia all’interno delle forme primitive della religione. Persino Sigmund Freud aveva impiegato il termine “magico” per definire una forma di pensiero di tipo infantile. “(…) prima arma nella lotta contro le forze del mondo circostante (…) L’uomo preistorico (…) non faceva affidamento semplicemente sulla forza dei propri desideri: si aspettava piuttosto il successo dall’esecuzione di un atto che avrebbe dovuto indurre la natura ad imitarlo. Se voleva la pioggia, versava egli stesso dell’acqua; se voleva incitare il terreno alla fecondità, gli dava lo spettacolo di un rapporto sessuale fra i campi” – S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi – 35a lezione;1917.   

[26] Ivi, p.326 Vd. C.Zaffarana, V.Zaffarana, Il Bastone di Asclepio; Formamentis, 2024.

[27] Purifica la tua anima e il tuo volto. Di questo palindromo si trovano molti altri affascinanti esempi, da Salonicco a Parigi, dalla Gran Bretagna alle Barbados.

[28] Ecco io Sole volgo obliquamente i circoli e son volto dal fuoco.

[29] F. Camerota, La meridiana solstiziale del Battistero di San Giovanni, «La linea del sole – Le grandi meridiane fiorentine»; Istituto e Museo di Storia della Scienza Edizioni della Meridiana,2007.

[30] Per facilitare il lavoro sul piano logico, il romanzo è in forma di stream of consciousness .

[31]Documento originale:

[32] Cf. J. Carcopino, Études d’histoire chrétienne. Le christianisme secret du carré magique. Les fouilles de saint Pierre et la tradition; Albin Michel, 1953. Et Id.,  Le Christianisme secret du carré magique,  Museum Helveticum, V. N.1 (1948), p. 16 ss.

[33] Colum. Rust. V,I,6.

[34] C. Sacchi, op.cit.

[35] Du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitatis; Librairie des Sciences et des Arts, 1840-1850, s.v.

           [36] Cic. Tusc. II,21. Per la consultazione del documento originale: https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=nyp.33433000335228&q1=Glossarium+ad+scriptores+mediae+et+infimae+Latinitatis&seq=472

[37] M.Guarducci,Il misterioso quadrato magico: l’interpretazione di J. Carcopino e documenti nuovi in: Archeologia Classica, XVII, pp. 219-270; 1965. Inoltre vd: C. Sacchi, op.cit.

[38] Eus. HE 1.13

[39] I sette dormienti di Efeso sono sette santi venerati anche dalla Chiesa ortodossa e che secondo la tradizione medievale si risvegliarono dopo un sonno di oltre centocinquant’anni per testimoniare la resurrezione della Salvezza.

[40] Esistono diversi testi che riportano l’elenco completo delle scoperte del SATOR nel mondo, almeno fino al 2007. Si considerino, oltre a C. Sacchi op.cit.; A. Giacomini, Sator, codice templare; Penne&Papiri, 2004; R. Camilleri,Il Quadrato Magico: un enigma che dura da duemila anni; Rizzoli, 2004.

[41] Cf. P.Toesca, Storia dell’Arte italiana, il Medioevo, II; U.T.E.T., 1965.

[42] A. Aymar, Contribution à l’étude du folklore de la Haute-Auvergne. Le sachet accoucheur et ses mystères, in: Annales du Midi, XXXVIII; 1926, pp. 273-347

[43] Sulla figura di Cardano vd: L. Cesco Frare, La Superstitio nelle opere filosofiche di Girolamo Cardano, in: Lexicon Philosophicum, International Journal for the History of Text and ideas, Università degli Studi di Salerno;2021.

 [44] Cf. V. Serino,Il Quadrato Magico, mistero dell’Armonia; Libreria Romana, 1993. Vd. anche: R.Camilleri, op.cit.

[45] Vd. Anche: G. De Jerphanion, Le formule magique: SATOR AREPO ou ROTAS OPERA, Vielles theories et faits nouveaux, in: Recherches de science religieuse, XXV; 1935.

          [46] http://www.ilmessaggioritrovato.it/newsite/QuadratoMagicoSator.asp

[47] Cioè quelle formule o quei nomi-formula privi di significato il cui potere risiedeva specificatamente nella loro capacità non mediata di comunicazione.

[48] G, Muscolino Teurgia, 2018; p. 33 ss.

[49] O forse dal verbo “amuno”, col significato di difendere e proteggere.

[50] E’ Plinio il primo a impiegare la parola “amuletum”.  Pl.  Nat. Hist. 23.11 – I Papiri magici greci, ancora una volta, sono ricchi d’indicazioni per confezionare talismani che guariscono dalla malattia o proteggono dalla sciagura: a leggerli ci s’imbatte nuovamente in quel crogiolo di dèi; usi e riti che è la magia dell’epoca tardoantica.  Vd. Atti della Giornata internazionale di studio – Riflessioni sulla tarda antichità. In ricordo di Tommaso Marciano; settembre 2013.

[51] Cf. J. Carcopino, Le christianisme secret du «carré magique» in: Museum Helveticum 5, 1948, pp. 16-59.

[52] Cf. Dictionnaire d’Archéologie Chrétienne et de la Liturgie; 1950, s.v.

[53] Vd. F. Grosser, Ein neuer Vorschlag zur Deutung der Sator – Formel, in: Archiv für religionswissenschaft, XXIV; 1926. Vd anche S. Agrell, Runornas talmystik och dess antika förebild, in: Skrifter utgivna av Vetenskaps -Societeten I Lund, VI; 1927.

Corinna è laureata in archeologia e insegna storia.

È autrice e ricercatrice indipendente. Ha pubblicato diversi saggi sul rapporto tra potere, simboli e religione, sul mito e sulla ricerca storica.

È direttrice del Centro Studi e Ricerche C.T.A.102, progetto di divulgazione storico-culturale seguito da una solida community di lettori e ascoltatori.

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Una replica a “SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS: comprendere i Quadrati Magici”

  1. […] Corinna Zaffarana 1.La lunga storia dei quadrati magici “Una simbologia che richiama i valori più pregnanti della vita umana nella sua crescita spirituale, mutuata dalla fatica quotidiana del sostentamento attinto all’agricoltura, la fonte più concreta e simbolica della vita dei popoli e della loro crescita spirituale, dello sviluppo della civiltà”.[1] Cosa sono i Quadrati Magici… — Leggi su cta102.blog/2025/06/05/sator-arepo-tenet-opera-rotas-comprendere-i-quadrati-magici/ […]

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