I Riti di Eleusi

Perché è uno dei volumi di storia dell’esoterismo più importanti degli ultimi anni

“Il compito del filosofo è la resistenza, esso esige insurrezione e ribellione, ha il dovere di incarnare la virtù dell’insubordinazione.”

Michel Onfray – Cinismo. Principi per un’etica ludica1

Ci sono infinità di produzioni letterarie che prendono vita di questi tempi. È un paradosso piuttosto interessante, a dire il vero: diminuiscono sempre più i lettori ma aumentano le stampe dei libri. Va da sé che, in una situazione di questo tipo, si sviluppa inevitabilmente un tracollo della qualità media del prodotto. Siamo immersi in fiumi di inchiostro e forse il nero che se ne sprigiona è più oscuro di quanto si possa pensare. La letteratura e la saggistica esoterica non sono da meno. Continuamente si estraggono dal cilindro vecchi conigli mummificati, qualche antico testo di un autore esotico o pregno di barbosi clichè che vengono, infidamente e astutamente, mascherati da “classicismo”.

C’è una crisi, signore e signori. Una crisi di significato. Sembra che il turbine di nuove pubblicazioni sia un tentativo di creare così tanto frastuono con il rumore delle pagine che si sfogliano, da riuscire a coprire lo smarrimento in cui la stampa esoterica di pregio sembra

essere piombata. I motivi di questa crisi sono molteplici, ma certamente è da tenere in considerazione che, ad oggi, si è andata a perdere una certa specificità nel lavoro di ricerca.

Forse gli Esperti sono una razza in via d’estinzione. Ma per tradurre un autore o una autrice bisogna essere capaci di creare una simbiosi intellettuale con esso/a. Le parole sono come automobili: sono le stesse, chiunque sia a tenere il volante. Quello che cambia è la direzione in cui si vuole andare, lo stile di guida. Gli scrittori sono i politi delle parole. E ci sono scrittori che guidano in maniera quasi impossibile da imitare. Ma come si può portare il messaggio – tradotto – di uno scrittore, se non se ne conosce l’anima? Ed eccoci alla crisi di significato di cui ho accennato. Non si può riportare un messaggio in una traduzione, se non si conosce l’autore di quel messaggio.

Quando parliamo di Aleister Crowley il problema diventa gargantuesco. Grafomane, con una naturale tendenza ad inserire citazioni pescate da un bacino sterminato di cultura classica e generale, avvezzo allo spropositato utilizzo di metafore e modi di dire, nonché utilizzatore, ovviamente, di un linguaggio forbito e fitto, tipico della sua epoca, Crowley risulta essere un osso duro per qualsiasi traduttore. Inoltre il filosofo inglese aveva anche l’abitudine di giocare con i suoi lettori, senza mai però dichiararlo limpidamente.

Marzio Forgione

Ciò non di meno, la sua filosofia rappresenta un pilastro imprescindibile dell’esoterismo occidentale.

Nel panorama editoriale italiano nessuno ha mai agito in modo più professionale di Marzio Forgione, riguardo la traduzione dell’opera crowleyana; un lavoro di studio meticoloso che va avanti ininterrottamente da più di mezzo secolo, e che da più di vent’anni ha regalato agli studiosi oltre venticinque volumi, tutti firmati dalla penna di Crowley. Ed ora,

qualche giorno addietro, è stato presentato dalla casa editrice Centro studi e ricerche C.T.A.

102 – collana S.O.T.V.L. -, l’ultimo nato: I Riti di Eleusi – Liber DCCCL presenta, in versione integrale, le sette opere teatrali, ognuna dedicata ed incentrata su di una specifica divinità e le sue caratteristiche, che Crowley decise di nominare “I Riti di Eleusi” proprio in virtù e in omaggio alle famose cerimonie greche legate al mito di Demetra e Persefone, che secondo il Magista inglese erano esempio di una sacralità che, nell’Europa di inizio novecento, sembrava essersi dispersa nel vuoto.

Sono presenti diversi articoli e saggi brevi sul senso dell’estasi, riflessioni su un nuovo approccio mistico – religioso e alcune considerazioni sui Riti greci originali.

Crowley si pose quindi l’ambizioso obiettivo di poter mettere in scena una rappresentazione pubblica così emotivamente coinvolgente da poter destare, nell’animo del pubblico, un’alterazione dello stato di coscienza, mostrando così la possibilità di un rapporto attivo e vivo con il sacro, e non passivo, inerte, titubante.

La poesia che ne risulta è sublime, di una raffinatezza andata perduta nella prosa fin troppo tecnicista dell’odierna scrittura. Ma pur essendo un mosaico di gioielli linguistici, il vero potere di questo volume non risiede nella sua poesia, ma nel suo significato etico. Lo scopo del Crowley era quello di portare una rivoluzione spirituale là dove egli fiutava una stagnazione mortifera, una miseria filosofica che bisognava risanare, ridimensionare.

Questo è stato, d’altro canto, lo scopo dell’intera esistenza dello scrittore anglosassone, e ciò che più colpisce di questo volume è la sintonia che il traduttore crea con questo intento: fin dalle prime pagine della prefazione si respira un profumo di fondo che sa di speranza e di critica allo stesso tempo. È l’odore di una determinazione nata dalla consapevolezza che, oggi come allora, il messaggio di elevazione culturale e spirituale non va lasciato morire come un fischio nel vento. Questo è un saggio tradotto con accademica dovizia di particolari, ma che trasuda una weltanschauung molto chiara, che il Forgione ha saputo rendere impeccabilmente alla percezione del lettore: la ricerca del Bello

è una battaglia che vale la pena combattere.

Trovo che periodo storico migliore non poteva esistere per riproporre questo testo, proprio oggi in cui le certezze dei nostri pilastri sociali si sgretolano come argilla disidratata sotto i colpi di martello del tempo. Come scriveva Walter Otto proprio a proposito della religione greca, a cui si ispirò lo stesso Crowley:

“L’eterna quiete e beatitudine che esso è in se stesso può dunque manifestarsi in ambito

umano soltanto nell’incontro e nell’unione di ciò che è separato. Il divino regala dunque all’uomo – anziché quella promessa di salvezza in cui le altre religioni ripongono così gran valore – la rivelazione del suo essere, e, insieme a questa, anziché il rinvio al futuro, i grandiosi attimi di eternità nel suo presente.” 2

Lorenzo Speltoni

2W. Otto, Teofania, Milano, Adelphi, 2017, p. 106 – 107

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