Capire le scritte in latino che si trovano sui monumenti non è affatto semplice. Esiste una disciplina specifica che se ne occupa: l’epigrafia.[1] Nel caso della lingua latina, si tratta ovviamente di epigrafia latina.[2]
In latino, inscriptio indica sia l’azione dello scrivere che le parole scritte, perciò possiamo impiegare correttamente il termine “iscrizione”. L’iscrizione può trovarsi ovunque, ad esempio su una tavoletta oppure su una lastra o su superfici levigate: intesa come oggetto, l’iscrizione è detta titulus. Tavole di bronzo o di legno, pietra, intonaco, oggetti di uso domestico…le scritte “antiche” possono comparire ovunque ed è necessario studiarle per scoprire quali messaggi dal passato sono riusciti a raggiungerci oggi. Infatti, le informazioni possono essere molteplici e inaspettate: elementi giuridici, semplici messaggi, propaganda, commemorazione…i casi sono potenzialmente infiniti!
Come si diceva, però, la lettura di queste iscrizioni non è immediata, neppure per chi si è trovato a studiare latino, ad esempio, alle scuole superiori e questo perché esiste una sorta di “codice” che dev’essere conosciuto per svolgere correttamente l’epigrafe e, prima ancora di tradurla, provare ad esempio a riportarla correttamente su un foglio.[3]
Per esempio, alcune iscrizioni arcaiche potrebbero riportare alcune lettere di forma greca, soprattutto nel caso di L, P ed M. L’imperatore Claudio aveva creato delle nuove lettere[4] – il “digamma inverso” Ⅎ che indicava la v (intesa come semivocale); l’ “antisigma” Ɔ o ↃϹ per “bs” oppure per il suono “ps” – le lettere claudiane decadono dopo l’ impero ma le iscrizione del tempo potrebbero riportare questi segni che, quindi, devono essere conosciuti.
Poi c’è il sicilicus (una sorta di apostrofo che però sta sopra le consonanti) e indica che la lettera è doppia e ci sono segni strani che non devono essere letti ma servono solo a separare parti dell’iscrizione come le palmette (dei segni appunto a palmetta) o le cosiddette hederae distinguentes, che a volte sembra un cuoricino.

I nomi, poi, le titolature o le parole di formule costanti erano sempre abbreviati.
Ad esempio:
COS = consul;
PLVE SC = plebeive scita;
PQ R = populusque romanus;
AVGG N N = Aug;
DD NN = Domini nostri.
Vediamo altri esempi nella immagini sotto riportate:


Anche il nome della tribù, che in molti casi segue il patronimico, è generalmente abbreviato.
AEM (ilia)
ANI(ensis)
POL(lia)
TER(etina)
Etc…
Vediamo cosa possiamo leggere in questa epigrafe da Maccaretolo (Bologna).[5]

“APOLLINI GENIOQUE AUGUSTI CAESARIS SACRUM / L.APUSULENUS L.l. EROS MAGISTER PUTEUM PUTEAL LAURUS d(e) p(ecunia) s(ua)”
Al Genius Augusti e ad Apollo sono dedicate alcune offerte che qui sono enumerate: il “puteus” innanzitutto, cioè il pozzo su cui si trova l’iscrizione, poi abbiamo la vera del pozzo “puteal”, piante Lauro “laurus”. La parola “magister” è invece riferita al dedicante.
Su questo supporto dalla Brianza, presente nelle raccolte archeologiche del Castello Sforzesco di Milano, leggiamo invece:
“IOVI O(optimo) M(aximo)/ PRO SALUTE/ET VICTORIA L./VERGINI RUFI/PYLADES SALTUAR(ius)/ V(otum) S(olvit)”

E’ lo scioglimento del voto a Giove Ottimo Massimo per la “salvezza e la vittoria di Verginio Rufo” [6]posto da Pilade, uno schiavo.
In quest’ultimo reperto, troviamo una dedica di rilievo mitraico.[7]

“SOLI INVICTO DEO/ ATIMETUS AUG(ustorum) N(ostrorum) SER(vus) ACT(uarius)/ PRAEDIORUM ROMANIANORUM”
Il dedicante è Atimeto, uno schiavo imperiale addetto alla contabilità delle tenute imperiali dette “Praedia Romaniana”.[8]
Naturalmente, questi piccoli esempi non esauriscono minimamente le competenze necessarie per occuparsi di epigrafia latina ma possono aver dato un contributo nel chiarire le motivazioni della difficoltà evidente che chiunque, anche a conoscenza della lingua latina, può riscontrare nel trovarsi davanti a simili iscrizioni e possono aver stimolato nell’approfondire una disciplina sicuramente tecnica ma anche foriera di grande fascino: non è invitante l’idea di poter osservare qualcosa che è stato scritto centinaia o migliaia di anni or sono e di riuscire a comprenderlo?
BIBLIOGRAFIA
I. Calabi Limentani, Epigrafia Latina;Istituto Editoriale Universitario Cisalpino; 1991.
V.G. Susini, Il lapidario del Museo Civico di Bologna, Bologna; 1960
M.J. Vermaseren, Corpus Inscriptionum et Monumentorum Religionis Mithriacae, La Aja; I, 1956.
[1] L’epigrafia studia ogni categoria di scritti ad esclusione dei papiri.
[2] Da non confondersi con la paleografia latina, che è disciplina sorta per insegnare a leggere i documenti medievali.
[3] E’ opinione comune che le epigrafi siano scritti in “maiuscola”, cioè in “capitale”…è vero ma non del tutto, infatti esistono anche delle iscrizioni (funerarie ad esempio) o dei graffiti scritti in quello che, per agilità, possiamo definire “corsivo”.
[4] Tac. Ann.XI 13
[5] V.G. Susini, Il lapidario del Museo Civico di Bologna, Bologna; 1960, p.63.
[6] Proprietario terriero della zona di reperimento (Plin. Ep. II 1,8) – la vittoria potrebbe essere su Vindice, pro pretore dela Gallia.
[7] Roma, Musei Vaticani.
[8] M.J. Vermaseren, Corpus Inscriptionum et Monumentorum Religionis Mithriacae, La Aja; I, 1956.

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